La transumanza nelle Barbagie e in Mandrolisai (XIX–XXI secolo): percorsi storici e geografici

Contesto storico della transumanza in Sardegna centrale (XIX–XX secolo)

La transumanza ha rappresentato per secoli un elemento fondamentale dell’economia agropastorale della Sardegna interna. Ogni anno, con l’arrivo dei primi freddi autunnali, intere comunità di pastori delle aree più alte dell’isola guidavano le greggi verso zone più basse e temperate. Dal Gennargentu, i pastori dei versanti occidentale e meridionale scendevano verso il Campidano di Oristano e quello di Cagliari e verso il Sulcis e l’Iglesiente, con spostamenti, generalmente, compresi tra i 50 e i 120 km. Anche quelli del versante settentrionale prediligevano la direzione verso sud, anche se in alcuni casi si dirigevano verso le piane della Baronia e della Nurra. I pastori del versante orientale, invece, muovevano il bestiame verso l’Ogliastra meridionale, il Sarrabus e il Gerrei, percorrendo in media tra i 30 e i 60 km (Ortu 1988). Si trattava di una direzione che, in larga parte, muoveva verso il sud dell’Isola (Ortu 1988). Dalle zone del Nuorese e del Montacuto, invece, era più comune che i pastori andassero verso le zone pianeggianti della Baronia e della Gallura – in particolare, Olbia – o verso la Nurra.

Questi percorsi annuali, consolidatisi per consuetudine già dal Basso Medioevo (Ortu 1988), erano luoghi di scambio tra culture: i pastori delle Barbagie e del Mandrolisai stabilivano relazioni economiche e sociali con le comunità contadine delle pianure. Studi recenti hanno infatti evidenziato tracce di commistione demografica tra le popolazioni dei villaggi montani centrali (Barbagia di Belvì) e quelle dei paesi di pianura meridionali, segno dei contatti avvenuti tramite la transumanza. In particolare, l’analisi dei cognomi ottocenteschi suggerisce che la diffusione di alcuni casati sardi sia avvenuta proprio lungo queste vie, dalle zone montane pastorali alle pianure agricole, percorse annualmente dalle greggi (Orrù et al. 2018).

Quella della transumanza fu una pratica vitale per l’equilibrio economico tradizionale. Fino alla metà del ’900, all’inizio di ogni inverno pastori e pecore percorrevano strade e sentieri dell’isola, ma, a partire dal secondo dopoguerra, la modernizzazione e la diffusione dei trasporti motorizzati portarono al declino di questi movimenti a piedi. Entro la fine degli anni ’60 la transumanza tradizionale era quasi scomparsa, segnando la fine di un complesso di conoscenze culturali ed economiche per la cultura pastorale sarda. Molti pastori optarono per la transumanza “automobilistica”, trasportando il bestiame su camion, oppure emigrarono stabilmente, come nel caso di Austis, da cui decine di famiglie pastorali si trasferirono in Toscana negli anni ’70 alla ricerca di terre da pascolo (Meloni 1996).

Di seguito viene delineato un breve profilo, area per area, dei tracciati geografici e dei sentieri storici documentati della transumanza nelle Barbagie di Belvì, Ollolai e Bitti e nel Mandrolisai – dalle vie ottocentesche testimoniate da fonti orali e documenti, fino ai recenti progetti di mappatura e riscoperta (Mannia 2024).

Mandrolisai e Barbagia di Belvì
Le comunità montane della Barbagia di Belvì (Aritzo, Meana Sardo, Belvì e Gadoni) e del Mandrolisai (Tonara, Atzara, Sorgono, Desulo e Ortueri) erano tradizionalmente dedite all’allevamento ovino e all’agricoltura e costituivano punti di partenza di importanti transumanze verso le zone di pianura. In autunno, i pastori di questi paesi radunavano le greggi e si dirigevano verso ovest e sud, convergendo nel Campidano – in particolare nelle pianure dell’Oristanese e del Cagliaritano (Cherubini 2021: 73). Seguivano sentieri storicamente codificati che attraversavano paesi come Orotelli, Orani, Sarule, Gavoi, Ovodda, Sorgono e Meana Sardo, fino alla stazione di Ortuabis. In primavera, il rientro avveniva su percorsi diversi, passando da Aritzo, Belvì, Tonara, Desulo e Fonni. Fonni e Gavoi erano due dei centri più coinvolti: da qui partivano anche pastori diretti verso l’Oristanese, passando per Olzai, Teti e Austis. Un punto di sosta importante lungo il tragitto era il passo di Tascusì, dove i pastori si ritrovavano prima di proseguire. I cammini attraversavano territori montani compresi tra gli 800 e i 1300 metri di altitudine, tra boschi di lecci, sughere, castagni e macchia spontanea. Tutti i percorsi convergevano infine alla cantoniera di Ortuabis, porta d’accesso ai pascoli del Campidano (Progetto Tramudas 2008).

Barbagia di Ollolai
La Barbagia di Ollolai, situata attorno al massiccio del Gennargentu tra i 600 e gli oltre 1000 metri di altitudine, ha una lunga tradizione legata alla transumanza. Paesi come Fonni, Gavoi, Ollolai, Mamoiada, Ovodda, Teti e Tiana basavano gran parte della loro economia sulla pastorizia e sullo spostamento stagionale delle greggi verso le pianure più miti del Tirso e del Campidano. Uno dei percorsi principali partiva da Fonni, passava per Gavoi e Ovodda, attraversava Ollolai e i territori di Austis e Teti, fino a scendere nella valle del Tirso e arrivare ai pascoli invernali dell’Oristanese. Altri pastori seguivano rotte più lunghe, come quella verso il Sarrabus nella Sardegna sud-orientale o, in casi più rari, verso le pianure del Goceano e della Nurra nel Sassarese. Durante la transumanza, i pastori seguivano una geografia fatta di tappe precise, ovili conosciuti e sorgenti per l’abbeveraggio del bestiame (Progetto Tramudas 2008).

Barbagia di Bitti
La Barbagia di Bitti (che storicamente comprendeva Bitti, Orune, Orani e anche la città di Nuoro) presenta una situazione peculiare: trovandosi più a nord e più vicina al mare rispetto alle Barbagie del Gennargentu, questa zona di altopiani calcarei e rilievi (Montalbo) vedeva i propri pastori indirizzarsi – in misura significativa – verso nord-est, ovvero le pianure costiere della Baronia e della Gallura. Le fonti orali e documentarie individuano due principali direttrici di transumanza seguite dai bittesi dal XIX secolo fino a metà Novecento. La prima passava per l’attuale colonia penale di Mamone e il santuario della SS. Annunziata, per poi dirigersi verso Monte Tepilora, Sas Concas, Torpè e infine Posada. La seconda conduceva verso Olbia e San Teodoro, attraversando Alà dei Sardi, Buddusò e Padru. I pastori di Onanì seguivano invece il corso del Rio Mannu, mentre i pastori di Lula costeggiavano il Monte Albo fino a Sant’Anna, per poi attraversare il complesso forestale di Su Lidone e raggiungere Torpè, Posada e Olbia (Progetto Tramudas 2008).

 

Riscoperta contemporanea e mappatura dei sentieri storici
A partire dagli anni 2000, è cresciuto l’interesse per la valorizzazione culturale dei percorsi della transumanza in Sardegna. Già nel 2007 tre Gruppi di Azione Locale (GAL) – Barbagie e Mandrolisai, Mare Monti e Ogliastra – avviarono il progetto “Tramudas – I sentieri della transumanza, itinerari di sviluppo locale”, con l’obiettivo di recuperare gli antichi sentieri pastorali in chiave turistica (La Nuova Sardegna 2017). Una delle anime del progetto fu l’antropologo Giulio Angioni, grande conoscitore del pastoralismo sardo, che svolse un’approfondita ricerca intervistando gli ultimi pastori transumanti per mappare accuratamente vie e percorsi da loro un tempo praticati. In occasione dell’Autunno in Barbagia 2007, il progetto venne presentato a Ollolai, dove fu inaugurata la “Casa Tramudas”, centro documentale dedicato alla transumanza. Nello stesso contesto venne allestita una mostra fotografica di Pablo Volta con immagini storiche di pastori transumanti, a testimonianza visiva di mezzo secolo di pastoralismo barbaricino (La Nuova Sardegna 2017).

Grazie a questo progetto e a una serie di iniziative successive, oggi si dispone di una documentazione dettagliata di molti tracciati storici. La guida bilingue italiano-inglese, pubblicata dal Tramudas (2008), descrive tre grandi itinerari ad anello – uno per ciascun GAL coinvolto – ripercorrendo le principali direttrici della transumanza storica in Sardegna, fornendo mappe, descrizioni del territorio, punti d’interesse e riferimenti storico-culturali (Progetto Tramudas 2008).

Nel corso dell’ultimo decennio, infatti, varie associazioni di turismo equestre hanno iniziato a ripercorrere annualmente le vie della transumanza. Manifestazioni, come il trekking “Alla riscoperta delle vie della transumanza dei pastori della Barbagia” (organizzato dal Centro equestre Taloro di Fonni) e la traversata a cavallo Fonni–Villaurbana promossa dall’associazione Cavalieri di Santa Chiara di Iglesias, hanno coinvolto decine di partecipanti in abito tradizionale, rievocando i viaggi stagionali dei pastori di un tempo. In 3-4 giorni di marcia, i cavalieri attraversano gli stessi paesaggi collinari e montuosi un tempo percorsi dalle greggi, sostando nei luoghi storici lungo il percorso. Tali rievocazioni offrono un’esperienza immersiva e contribuiscono a mantenere viva la memoria di questi percorsi storici, oltre a proporre un nuovo modello di turismo sostenibile legato al patrimonio pastorale (Atzori 2012).

Anche le istituzioni locali hanno dato un contributo alla mappatura contemporanea dei sentieri. Il GAL Barbagia Mandrolisai Gennargentu, ad esempio, nel programma 2014-2020 ha finanziato la georeferenziazione e la descrizione (in italiano e inglese) di numerosi itinerari rurali tradizionali, incluse le vie della transumanza. Le tracce GPS dei percorsi – in formato .gpx e .kml – sono state rese liberamente disponibili sull’account Wikiloc del GAL, corredate da cartellonistica informativa sul territorio (Cara 2022). Oggi sul portale regionale Sardegna Sentieri è possibile visualizzare su mappa interattiva i principali “cammini della transumanza” recuperati, che attraversano paesaggi di grande valore ambientale e storico (Sardegna Sentieri nd). Questo connubio di fonti orali, documentazione storica e nuove tecnologie di mappatura sta permettendo di restituire alle comunità locali e ai visitatori la trama di percorsi che un tempo univa montagne e pianure.

La transumanza, inserita nel 2019 nel patrimonio culturale immateriale UNESCO (anche per la parte italiana), continua così a vivere nei sentieri ritrovati che attraversano i territori della Sardegna centrale.

 

Domenico Branca

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